sabato, febbraio 04, 2006

Paloma

Passarono molti giorni prima che potessi vedere la figlia di Julio. Il primo fu grigio, piovoso e quasi fresco. Tutti gli altri furono nient’altro che delle variazioni sul tema “caldo\caldo afoso\caldissimo\caldo soffocante”, eppure la sensazione che ebbi di quel primo giorno non mi abbandonò più. Era la sensazione che il cielo fosse talmente basso da camminarmi a fianco.
Facevo lunghe passeggiate con Mariano. Ogni tanto si fermava, mi metteva una mano sul braccio e mi raccontava qualcosa. Se rimaneva seduto da qualche parte più di dieci minuti si addormentava.
Un pomeriggio, camminando lungo la ferrovia, arrivammo al collegio militare che mio zio aveva frequentato da bambino. L’istituzione che un giorno gli insegnò a leggere era la stessa che successivamente lo aveva costretto a nascondersi per quasi un anno a casa di un amico in buoni rapporti con la “Iglesia catolica”.
La stazione dei treni adiacente il collegio si chiamava palomar, colombaia.
Mariano mi raccontò che in passato i militari usavano le colombe per comunicare con il comando centrale. Spesso si intravedevano ali bianche a riposo tra il verde degli alberi. Gli abitanti del quartiere andavano dicendo che se arrivavano più di cinque colombe tutte assieme stava succedendo qualcosa: presto nuovi militari avrebbero preso il posto del governo in nome della patria.
-Adesso palomas no estan più, qualcun dice que per este motivo los militari no haceran altre guerras- mi disse Mariano. In quel momento qualcosa sbattè sul mio piede. Una palla gialla a punti neri: l’avevo vista, eppure non ero riuscito a stopparla. La recuperai e con colpo di piatto la rispedii al ragazzo che aspettava di fare la rimessa laterale. Mi fece un gesto. Mariano toccò il mio braccio senza riuscire a trattenermi. Mi passarono il pallone e corsi verso la porta. Qualcuno gridò. Il campo era una striscia di erba incredibilmente verde. Calciai il pallone verso il binario e quando mi tornò trai piedi, tre metri più avanti, avevo già superato in velocità due ragazzini tanto alti quanto magri. Di slancio tirai con la punta del piede verso quello che sembrava la porta: lo spazio vuoto tra uno zaino e una pietra. Il portiere parò senza neanche muoversi.
Mi spedirono in porta mentre Mariano stava ancora immobile sul marciapiede: forse chiedendosi se era il caso di sgridarmi, forse dormendo. Mi sistemai in quello che sembrava essere il mezzo, poi avanzai un po’. Le azioni si susseguivano dall’altra parte del campo, così mi girai a guardare al porta: il palo di sinistra era l’abbozzo di un tronco tagliato, il palo di destra, così vicino al binario, era una colomba morta.


Buona parte del mondo pensante aspettava il parto telematico di quest'uomo. Alziamoci tutti in piedi e tributiamogli un giusto applauso.
Quest'uomo merita di essere ascoltato. Quest' uomo merita fiducia. E anche un barbiere.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

TI DETESTO: non mi fai neanche sapere se sei vivo o morto...e se fossi morto non vorresti che qualcuno mi chiamasse!!! (Me ne ricorderò..la prossima volta che cercherai un bidet dove vomitare o che mi romperai uno stendino).

Nel frattempo, come vendetta, mi farò smaneggiare i capelli da tutti i passanti e inviterò a Pavia il tuo amico intelligente in tua assenza.

Baci,chicchina

Anonimo ha detto...

ma.
in undici giorni arriva.
ma non mi odiate a Me vero?
comunque.
ecco.
il ventuno.
eh.
ac.

Jacko83 ha detto...

giá merita sempre.
un saluto da berlino.
j.

Anonimo ha detto...

Hey hey rocker..beffando le aspettative ti ho mandato una mail..ma per pareggiare i conti l'ho mandata al tuo solito indirizzo a non al gigaindirizzo ke ho chiaramente perso..magari fammelo riavere..l'Argentina a quanto pare ispira!!

Rock'n'Roll..ehm..Tangoo!!!

Anonimo ha detto...

Sono commosso... ç.ç
per il barbiere.

Grazie.

Anonimo ha detto...

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